Si è tenuta il giorno 7 aprile, nella sala degli specchi del
Comune di Sanremo, la sesta ed ultima lezione sui poeti italiani del 900’ a
cura del professor Fabio Barricalla.
La conferenza ha trattato i temi e i diversi periodi
letterari di Camillo Sbarbaro, poeta ligure, considerato uno dei più grandi
autori capace di ritrarre la Riviera sul piano nazionale.
Rimasto orfano di madre da bambino e di padre da ragazzo, fu
cresciuto, insieme alla sorella Clelia, dalla zia Maria, da loro rinominata
Benedetta.
L’autore, nella sua evoluzione letteraria, ha passato tre
diversi periodi differiti per lo stile dei componimenti e la forma poetica.
La prima fase, caratterizzata da una struttura di scrittura
in versi, è per lo più riferita al libello “Pianissimo”;
“Nel deserto io guardo con asciutti
occhi me stesso.”
Questo è l’ultimo verso della prima poesia che compone la
raccolta. Il tema centrale è quello dell’anima sbigottita che, però, non riesce
ad essere toccata dal mondo, privo di attrattive.
“La poesia è il trovare l’unico
aggettivo che serve nel momento in cui serve”
Con la stesura dei “Truccioli” del 1941 ha inizio il secondo
periodo caratterizzato da piccoli poemetti in prosa per lo più ambientati a
Spotorno dove, nel frattempo, si era trasferito.
L’ultimo periodo, quello dei “Fuochi fatui”, è ancora più
minimalista dei precedenti mentre la capacità descrittiva aumenta. Con poche
parole Sbarbaro è in grado di spiegare un mondo fatto di inclinature e pieghe,
una città di vicoli e mercati, la fanciullezza e la vecchiaia, la vita e la
morte.
Come molti suoi coetanei ha partecipato alla prima guerra
mondiale ma, per sua fortuna, da sergente e perciò lontano dagli scontri
diretti. Di questo periodo conserviamo forse la più bella delle sue poesie e
alcune lettere indirizzate ad amici e ad altri poeti come Dino Campana. E’
l’ultimo componimento in versi prima dei “Truccioli” in prosa, “La bambina che
va sotto gli alberi”, di grande potenza e in grado di racchiudere tutti i temi
affrontati dal poeta, a chiudere l’incontro. La forza delle frasi di Camillo
Sbarbaro era la sua straordinaria capacità nella scelta esatta del termine da
usare per descrivere una precisa situazione, una dote innata che, come lui
soleva ammettere, era una grazia ricevuta.
La bambina che va sotto gli alberi
non ha che il peso della sua treccia,un fil di canto in gola.Canta solae salta per la strada: ché non sache mai bene più grande non avràdi quel po' d'oro vivo per le spalle,di quella gioia in gola. A noi che non abbiamoaltra felicità che di parole,e non l'acceso fiocco e non la moltasperanza che fa grosso a quella il cuore,se non è troppo chiedere, sia toltaprima la vita di quel solo bene.
ANNA MASTRANTUONO, VIOLA BIANCHERI
UFFICIO STAMPA LICEO G.D. CASSINI SANREMO