A vent’anni di distanza Glauco Mauri
riporta in scena insieme ad Andrea Baracco i due capolavori di
Sofocle Edipo re ed Edipo a Colono; la regia dell’Edipo re è di
Baracco, mentre quella dell’ Edipo a Colono di Mauri. Nell’Edipo
re assume grande importanza il tema della ricerca dell’uomo, Edipo
infatti, andando alla disperata ricerca dell’assassino di Laio,
ritrova se stesso. L’ambientazione post-moderna, in cui la
scenografia sembra l’esterno di un palazzo di periferia e una
piscina si trova in mezzo al palco, forse a rappresentare
l’impetuosità della peste, dato che viene riempita con una pioggia
ad inizio spettacolo, tradiscono il carattere grandioso della
tragedia, infatti il sentimento prevalente è quello della rabbia,
dello scontro, e non si lascia trasparire l’incredulità per il
fatto scoperto, mentre appare ben poco il dolore. Il testo di Sofocle
viene comunque trattato quasi nella sua integrità ed emerge anche
l’ironia tragica; inoltre è percepibile la tragicità del peccato
di Edipo, che costituisce uno dei maggiori tabù della nostra
società. Nell’Edipo a Colono, in cui il ruolo di Edipo è
impersonato dallo stesso regista, la scenografia è minimale e i
costumi sono in linea con il periodo storico, i membri del coro,
coperti da mantelli bianchi, spesso li lasciano per impersonare i
ruoli della tragedia. In quest’opera risalta la tragicità
dell’esilio, la disperazione con cui si chiede l’accoglienza,
emerge un Edipo fortemente cambiato che ha grande capacità di
sopportazione, ma a cui rimane ancora quella durezza irosa giovanile
che gli permette di maledire il figlio anche in punto di morte. Edipo
riflette sul significato della vita e scopre che, come nel suo caso,
spesso l’intenzionalità di un’azione non coincide con la sua
oggettività. La morte diventa per Edipo la liberazione dal dolore
della vita, concetto ben espresso nell’interpretazione di Mauri.
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